
E’ uscito il 7 maggio in VOD “This is not cricket”, il docufilm di Jacopo De Bertoldi presentato alla XVII° edizione di Alice nella Città. Quasi interamente girato a Roma, è la storia di una amicizia di due ragazzi legati dalla passione per il cricket. Nel quartiere più multietnico della città, Fernando Cittadini, approdato a Roma dalla Sicilia, e Shince Thomas, romano di origine indiana, lottano per la sopravvivenza del Piazza Vittorio Cricket Club, la squadra del quartiere. Il documentario li segue passo passo nel loro graduale passaggio dalla adolescenza alla età adulta. Dentro e fuori dal campo di cricket, con i loro sogni di aspiranti campioni. In una città avara di possibilità, i loro sogni non trovano spazio. E vanno alla ricerca delle loro identità perdute. Nelle righe che seguono, le interviste a Nicola Sbetti, addetto stampa Federazione Italiana Cricket e a Jacopo De Bertoldi, regista del film.
Cricket, sport a lungo periferico
“Il cricket, il gioco regolamentato più antico della storia, è il secondo sport più diffuso nel mondo dopo il calcio– spiega Nicola Sbetti, addetto stampa di Federazione Italiana Cricket – Il primo nel subcontinente asiatico, solo in India le finali dei Mondiali sono seguite da più di 100 milioni di spettatori” Eppure in Italia il cricket è semisconosciuto. “Arriva in Italia con gli inglesi, parallelamente al calcio. Il calcio è lo sport invernale, il cricket è quello estivo. Alcuni dei club storici italiani nascono come club nei quali si giocava sia a calcio che a cricket. Poi, data la sua immediatezza, il calcio diventa lo sport nazionale. E il cricket viene relegato in un angolo”
Gioco di immigrati, cordone ombelicale con i paesi di origine
“Oggi, a seguito dei grandi flussi migratori, il cricket è tornato in Occidente dove ha avuto origine. Per le giovani generazioni di immigrati provenienti dal sud est asiatico – evidenzia Nicola Sbetti – questo sport di origine coloniale rappresenta paradossalmente un legame con le loro radici culturali. Il cordone ombelicale che li tiene legati ai loro paesi di origine“
Nazionale Italiana, gli immigrati cantano l’inno
Italia e Gran Bretagna, il cricket vive storie diverse. “Il cricket nasce in Gran Bretagna, dove lo ius soli era già una realtà. Situazione diversa in Italia, dove la cittadinanza è definita in base ai legami di sangue. Fermo poi che nella nazionale italiana di cricket, affianco ai giocatori italiani, giocano sud africani, australiani, srilankesi, indiani e pachistani. Tutti naturalizzati italiani. Proprio come avvenne con il rugby quasi 30 anni fa, gli immigrati rappresentano l’Italia del cricket, ne cantano l’inno e competono nei tornei internazionali“
Federazione Italiana Cricket, parità di diritti a tutti gli atleti
“Per accelerare il processo di integrazione di questi immigrati, a partire dal 2003, la Federazione Italiana di Cricket ha riconosciuto parità di diritti in base alla nascita a tutti i suoi atleti, il primo organismo sportivo a farlo– rivendica Nicola Sbetti – Ha anticipato la politica e catapultato il dibattito sulla immigrazione in Italia fuori dal campo sportivo. Abbiamo superato anche i limiti della burocrazia“
Italia campione europeo 2009, nessuno dei suoi giocatori è italiano
Un processo di integrazione che ha dato i suoi frutti. “Nel 2009 la Nazionale Italiana giovanile di cricket è campione d’Europa. Nessuno dei giocatori era cittadino italiano ma, nati in Italia da genitori stranieri, potevano rappresentare la nazionale italiana. E nel Milan Kingsgrove, squadra multietnica e detentrice di alcuni scudetti, gioca il capitano della Nazionale italiana Joy Perera. Nato in Sri Lanka ma da tanti anni in Italia“
Le difficoltà economiche, in Italia il cricket rimane uno sport di soli dilettanti
“Nonostante in Italia si sia sviluppato un campionato di Serie A, la Coppa Italia, un campionato interregionale, i nostri giocatori di cricket sono ad oggi ancora dilettanti– sostiene rammaricato Nicola Sbetti – Chi in Italia gioca a cricket lo fa solo per passione, con grandi sacrifici e altissime spese. I campionati giovanili permettono di diffondere la disciplina sportiva tra i giovani ma questi progetti a volte si interrompono per mancanza dei fondi necessari. E in alcuni casi le squadre che erano state costruite con tanta fatica poi scompaiono, come il Piazza Vittorio Cricket Club. La squadra romana nella quale giocavano Shince e Fernando, i due protagonisti del docufilm di Jacopo De Bertoldi“
This is not cricket, amicizia e multietnicità all’ombra del cricket
Multietnicità, con il cricket a fare da sfondo. E’ questo il tema portante di This is not cricket. “Da italiano Fernando scopre una cultura diversa grazie al cricket – spiega Nicola betti – Shince, grazie al cricket, trova in Italia qualcosa che lo lega al suo paese di origine” L’amicizia è il trait d’union sul quale si sviluppa l’intero film. “Quando anni fa ho conosciuto Shince e Fernando non sapevo che sarebbero diventi i protagonisti di questo documentario – sottolinea Jacopo De Bertoldi, regista di This is not cricket – Reduce da una lunga esperienza di lavoro negli Stati Uniti dove multiculturalità e mescolanza etnica sono un dato di fatto, mi ha molto colpito la loro amicizia. Nella mia immaginazione abbatteva in un colpo solo quei muri che avevano preso forma nella società italiana. E lo facevano con la semplicità e la leggerezza che solo gli adolescenti sanno avere“
Una storia da raccontare
“Erano i soggetti perfetti per il film che avevo in mente – prosegue Jacopo De Bertoldi – Otto anni fa volevo realizzare un lavoro dedicato alla adolescenza, qualcuno mi aveva parlato del cricket e di Shince Thomas. Ai tempi era considerato una promessa. Ma conoscevo poco il cricket, ho fatto alcune ricerche. E mi sono imbattuto nel Piazza Vittorio Cricket Club, la squadra dove giocava Shince Thomas. L’ho incontrato e con lui ho conosciuto anche Fernando Cittadini, l’unico italiano della squadra. Tra loro c’era una bellissima amicizia, poteva essere la storia giusta da raccontare“
Shince e Fernando, proiezione di un futuro possibile
“This is not cricket è una storia fatta di piccole quotidianità– evidenzia Jacopo De Bertoldi – è il percorso formativo di due ragazzi che come tanti altri, affrontano la vita con la capacità di sognare senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà. Un viaggio di formazione, in un mondo culturalmente lontano ma vicino. Shince e Fernando, con la loro amicizia immediata, sono la proiezione di un futuro possibile. Ho cercato in loro, nella loro forza di resistenza, l’aspirazione alla libertà da pregiudizi e da frontiere di ogni genere“
Un percorso comune, dai primi lanci al tentativo di ricostruire la squadra
“Quando li ho conosciuti, avevano quindici anni. Allora giocavano nel Piazza Vittorio Cricket Club, squadra romana di cricket. Una squadra abbastanza particolare nel panorama del cricket italiano. Li ho seguiti passo passo, dai primi lanci nel quartiere allo scioglimento della squadra fino al tentativo di ricostruirla. Li ho seguiti nel Torneo Internazionale di Corfù, isola la cui tradizione nel cricket è frutto della dominazione inglese. Poi al loro ritorno in Italia, quando la squadra si è sciolta, Aveva esaurito la spinta, problemi tra i giocatori, qualcuno se n’era andato. Loro si sono fermati, dopo un paio di anni hanno deciso di rimettere in piedi la squadra“
Una questione di identità
“Il film è un documentario narrativo, soprattutto un film di osservazione. E’ un film che si sviluppa su quanto c’è attorno allo sport, lo spunto è l’amicizia che si sviluppa da e attorno il campo di cricket. Un diario del percorso umano dei due protagonisti, che ho osservato a distanza” E che ha dato a Jacopo Bertoldi l’occasione di parlare anche di altro. “Il cricket mi ha proiettato immediatamente in un mondo di migranti che di questa disciplina ha fatto una questione di identità. Il cricket è diventato l’elemento narrativamente centrale, lo sfondo attorno al quale ruota la vicenda dei due protagonisti. Nella crisi della squadra Fernando e Shince trovano la spinta motivazionale per andare alla ricerca delle proprie radici sociali, etniche, culturali. In India l’uno, in Sicilia l’altro. Un viaggio parallelo, per poi ritrovarsi ancora una volta a Roma“
Passione per lo sport, oltre i i sogni
“In una realtà avara di spazi per emergere, Thomas e Fernando non riescono a corollare i loro sogni. Ma ho continuato a seguirli, anche al di fuori del cricket. Per Shince Thomas, arrivato a Roma in età giovanissima portandosi dietro la grande passione per il cricket nel quale ha già manifestato le sue capacità, il cricket è e rimarrà il legame tra il paese di residenza e quello di origine. Oggi, dopo aver abbandonato il sogno di diventare un campione, si guadagna da vivere insegnando il cricket ai bambini italiani e stranieri. Fernando Cittadini, romano di origini siciliane, rimasto orfano di padre quando ha solo otto mesi, conosce il cricket attraverso i compagni di classe, in gran parte figli di immigrati. A volte molto più talentuosi di lui. Oggi ha scoperto un’altra passione, a Roma ha un negozio di biciclette“
This is not cricket, da qualche giorno su piattaforma streaming
“Abbiamo dovuto ripensare l’uscita di This is not cricket alla luce della persistente situazione di emergenza legata al Covid 19 – conclude Jacopo De Bertoldi – Grazie alla Mir Cinematografica abbiamo realizzato una uscita in VOD aderendo alla campagna #iorestoacasa che coinvolge tutto il mondo della cultura italiana. Ciò ci ha permesso di rispettare la data del 7 maggio, prevista per l’uscita del film, ora visibile su Zalab, piattoforma in streaming del cinema del reale”