L’hanno definito normalizzatore, uomo dai toni pacati, poco personaggio, yes-man e aziendalista, come se tutto ciò fosse un crimine o una macchia. Ma la verità è che Stefano Pioli sta vivendo, numeri alla mano, una delle migliori stagioni nella sua già lunga carriera da allenatore. E lo sta facendo con un gruppo di giovani ragazzi vogliosi di mettersi in mostra, capaci di far sorridere un tecnico che, all’alba delle 55 primavere, sta rendendo come quando ne aveva 40. In barba al covid, che l’ha tenuto lontano dai campi ma non per questo dalla squadra.
Milan, uno Stefano Pioli da record
Già, perché il dato è proprio questo: la vittoria di giovedì sera in Europa League è stata la sua personale panchina numero 49 alla guida del Milan. Il che è già un record in quanto lo inserisce di diritto nell’Olimpo (se così si può definire) degli allenatori post Allegri transitati a Milano. Meglio di lui, in questo lungo excursus di tecnici dalle magre fortune e dagli alterni sorrisi, solo Montella (64) e Gattuso (82), con il primo che potrebbe essere raggiunto e sopravanzato entro la fine della stagione e il secondo che potrebbe davvero essere avvicinato molto se i rossoneri dovessero arrivare in fondo a tutte le competizioni nelle quali sono coinvolti quest’anno.
Stefano Pioli, 2,09 punti di media a partita
Ma il dato sul quale ragionare e sbalordirsi è un altro. In questo suo percorso in rossonero, Stefano Pioli viaggia ad una media punti di 2,04 a partita. Un dato altissimo, molto superiore a quelli fatti registrare in carriera un po’ in tutte le sue peripezie in giro per l’Italia. Media punti inferiore solo a quella fatta registrare nelle 16 partite che lo videro alla guida del Modena nella sua seconda esperienza in terra emiliana dall’8 febbraio 2006 al 5 giugno 2006 (2,19). Quando raggiunse la semifinale playoff in Serie B. Quello attuale sulla panchina rossonera è un dato migliore anche di quel 1,67 maturato ai tempi della Lazio (dal 12 giugno 2014 al 3 aprile 2016), in quella che a detta di tutti è stata la sua esperienza migliore da allenatore; lì dove raggiunse la qualificazione alla Champions League con la formazione biancoceleste, cosa che non riusciva da otto anni al club; e lì dove vorrebbe tornare anche il Milan.
Tornare in Champions League, valorizzando i giovani
I presupposti per fare bene ci sono tutti. E Stefano Pioli, oltre a valorizzare se stesso, è riuscito anche a valorizzare un gruppo di giovani che, da sconosciuti o quasi, sono diventati immediatamente pezzi pregiati della rosa rossonera. È il caso di Hauge, 21enne norvegese di belle speranze giunto dal Bodo Glimt l’1 ottobre scorso per quattro milioni. E resosi protagonista di un gol contro il Celtic che ha permesso a molti tifosi di tornare indietro con la mente e riassaporare le giocate di un certo Savicevic. Ma anche di Saelemaekers, belga coetaneo del già citato Hauge arrivato per poco più di sette milioni di euro e oggi titolare indiscusso della fascia destra dell’attacco rossonero.
Da Hauge a Saelemaekers, le trovate di Pioli
Due giocatori che meglio identificano lo spirito con il quale si sta muovendo la proprietà in questa nuova ricerca di una precisa identità del Milan. Largo ai giovani, possibilmente di valore e acquistabili a prezzi contenuti, per provare a raggiungere risultati importanti. Per ora si tratta di una filosofia che sta pagando e il merito è anche di Pioli, capace di far sentire questi ragazzi tutti i giorni motivati e golosi d’imparare da chi, invece, in carriera ha già dimostrato tutto il suo valore; su Ibrahimovic a Kjaer, infatti, Pioli sta costruendo le sue attuali fortune. Ma anche quando questi due elementi mancano, la squadra sa ormai il fatto suo. E riesce tranquillamente ad imporsi. Nelle 16 gare giocate senza almeno uno dei due “vecchietti”, infatti, sono arrivate otto vittorie, sette pareggi e una sola sconfitta. Che guarda caso ad oggi è ancora l’ultimo ko dei rossoneri in campionato (8 marzo 2020, Milan-Genoa 1-2, l’assente fu Kjaer).