Accademia Pugilistica Afforese, non solo formazione tecnica
Accademia Pugilistica Afforese compie un anno. Ottanta iscritti tra amatori, dilettanti, agonisti e attività giovanili. Ma Accademia Pugilistica Afforese è molto più che una palestra di pugilato. L’attenzione alla persona, la cura della preparazione in ogni dettaglio, la gestione delle problematiche anche umane. Perché l’agonismo non è la priorità, si cura anche la formazione comportamentale delle persone. Accomunate certamente dalla grande passione verso il pugilato, ma desiderose soprattutto di affermarsi socialmente.
Ogni cosa insegnata passo dopo passo
“Per insegnare pugilato – spiega il M° Mario Bambini, titolare della Accademia Pugilistica Afforese - ci vuole pazienza e conoscenza della materia. Oggi tutto questo manca, si tende a creare i pugili sul ring. Mentre l’insegnamento del pugilato si basa su tutto quanto avviene fuori dal quadrato, facendo i passi e lavorando al sacco e davanti allo specchio” Insegnamenti a sua volta ricevuti e che ha fatto propri. “Quando andavo alla Palestra Doria, prima di salire sul ring è passato un anno. E quando è successo, ero pronto non solo per fare i guanti ma anche per disputare un match”
Ore passate davanti allo specchio, prima di salire sul ring
Molte persone- conferma Dario Ricci, Presidente di Accademia Pugilistica Afforese – quando arrivano in palestra pensano di fare subito il sacco. Ma può passare una seconda lezione e al limite anche una terza, a volte diverse settimane” Perché fare pugilato significa intraprendere un percorso formativo, non solo tecnico. Scandito da passaggi obbligati. “Prima di salire sul ring, prima di fare il sacco – puntualizza Mario Bambini - è fondamentale la corretta impostazione dei piedi che si raggiunge solo dopo ore passate davanti allo specchio"
Non prendere pugni, per imporre il proprio stile
Mario Bambini ha le idee chiare. “Il pugilato non è un discorso di forza ma di tecnica. Ogni gesto deve essere pulito ed eseguito correttamente. Con alcune regole fisse, come la mano davanti, a conclusione di ogni azione, per tornare in guardia naturale” La prima di queste regole, è comunque quella di non prendere pugni. “Un pugile può anche vincere il match, ma se ha preso tanti colpi il suo non è un buon pugilato. Piuttosto preferisco che esca sconfitto ma senza avere ricevuto pugni”
Le caratteristiche vanno esaltate, è il dettaglio che fa la differenza
“C’è chi ha il pugno e chi non ce l’ha – prosegue Mario Bambini - Ma non è detto che quest’ultimo non possa salire sul ring, anzi il contrario. Il pugile che sale sul ring deve avere come proprio obiettivo quello di imporre il proprio stile, non di picchiare. Ad ogni pugile deve essere insegnato il pugilato più congeniale alla sua morfologia” Rispetto delle caratteristiche individuali, innanzitutto. “Se c’è una caratteristica la devi esaltare, potrebbe diventare l’arma vincente. Anche se gli esercizi sono uguali per tutti, con ognuna delle persone che vengono in palestra lavoro individualmente. E’ il dettaglio che fa la differenza”
Niente da inventare, basta seguire un percorso lineare
“Per insegnare il pugilato, non serve mettere tutto insieme come spesso vedo fare in giro. Non c’è niente da inventare, la disciplina si basa su tre colpi essenziali. Si inizia a imparare il diritto, poi il gancio, che in pratica è un diretto sporco, per concludere con il montante. Senza pretendere di insegnare tutti i tre colpi in una unica seduta” Ogni passaggio deve essere assimilato nel modo giusto. Venti minuti di ginnastica a piedi e in terra, poi quaranta minuti di tecnica. Senza alcuna distinzione tra amatori ed agonisti. “Fino a quando non vedo portare un movimento con naturalezza, non passo a quello successivo”
Non solo agonismo, anche il pugilato amatoriale ha la sua dignità
Pugilato amatoriale, spesso sottovalutato. In realtà, ricco e complesso. “Contrariamente a quanto spesso le persone credono – sottolinea Dario Ricci - c’è una componente tecnica e psico-fisica importante. I gesti sono controllati, il pugno parte dalle gambe. Frutto anche di uno spostamento di pesi e di una corretta rotazione del corpo” Lo sparring incondizionato è un momento fondamentale nella preparazione. "Si migliora la postura, il controllo d’occhio, la percezione del contesto. Sono proiezioni di combattimento, là dove ci sono due soggetti anche di sesso diverso ma di qualità tecniche simili fanno combinazioni insieme”
Dietro l'amore per il pugilato, la voglia di esserci
Bambini, ragazzi ed adulti, uomini e donne, amatori ed agonisti. Qualcuno parte da zero, altri arrivano con un precedente esperienza. Altri ancora si portano dietro problematiche personali anche rilevanti. Ad accomunarli, il grande amore verso il pugilato. “Attraverso il pugilato, lavoriamo anche sulla formazione comportamentale. All'insicurezza di tanti ragazzi rispondiamo cercando di trasmettere consapevolezza e stima.Ho ragazzi che all’inizio non aprivano bocca, oggi parlano tranquillamente con i compagni. Perché in realtà hanno tutti voglia di esserci, sportivamente e socialmente”
Una competizione sana, le donne tengono il passo degli uomini
Una competizione sana, quella che si respira alla Accademia Pugilistica Afforese. Con le donne a tenere il passo degli uomini. “Tecnicamente le donne arrivano prima. Hanno una percezione più immediata, danno il massimo perché non hanno niente da dimostrare. Quando era in attività, Lisa Trapanese faceva i guanti con gli uomini”
Pugile, atleta che sa usare la testa
“Il pugilato è fatto da persone che sanno usare la testa. Arrivano a fare gesti tecnici e a riconoscere in una frazione di secondo quello che sta per succedere. Concreti, freddi, attenti a tutto ciò sta accadendo intorno a loro, capaci di cambiare strategia nel corso del match. Basta guardare Floyd Mayweather”
Nessuno spirito di prioritario emulazione, la riscoperta di sé stessi prima di tutto
“Personalmente non ho fretta, ho individuato qualche soggetto particolarmente predisposto ma per il momento lavoro sulla preparazione di tutti. Io non spingo nessuno a fare l’agonista. Ma se una persona decide di intraprendere un certo percorso, da quel momento inizia un discorso diverso. Più mentale che sportivo. Perché alla Accademia Pugilistica Afforese - conclude Mario Bambini - non si viene ad emulare i campioni ma a riscoprire sé stessi"