Semplicità e cura, Marco Monzoni è il fisioterapista dell’Olimpia Milano dal 2013. Un uomo appassionato di ciclismo, che in quest'intervista ci spiega come è riuscito a sviluppare la sua attività fino ad ora con una della squadre di basket più forti d'Italia e come è nata la passione per il ciclismo e come l'ha coltivata. 

Marco Monzoni, come nasce la passione per il ciclismo?

Mentre frequentavo l’Università lavoravo in palestra come istruttore di spinning per pagarmi gli studi. Anche se so bene che il ciclismo è un’altra cosa, allenamento e la fatica mi hanno subito rapito e il passaggio alla bici vera e propria è stato naturale. Ho quasi subito iniziato a gareggiare in XC, nulla di serio chiaramente, ormai a 20 anni ero già “vecchio” per poter competere, ma in ogni caso lo stimolo di una gara è una cosa che da una emozione e adrenalina incredibile, e io questo lo adoravo prima e lo adoro ora.

La mia passione si è sempre divisa tra MTB e strada, ma negli ultimi anni, il tempo percorso in sella alla bici da corsa è nettamente superiore: quello che mi emoziona sono le lunghe salite come lo Stelvio e le sparate a tutta in pianura.

Da due anni faccio parte dello Swatt Club, una squadra incredibile dove lo spirito racing si respira nei discorsi di tutti i giorni. Purtroppo la pandemia e il lavoro non sono stati di aiuto per prendere parte a molte gran fondo e gare, ma ci si continua comunque per alzare sempre di più l’asticella.


E’ nel gruppo dell'olimpia da qualche tempo oramai, ma di cosa si occupa 

Sono arrivato in Olimpia come fisioterapista nella stagione 2013/2014. Quella è stata una stagione magica: prima volta nei playoff di Eurolega e vittoria dello scudetto dopo 18 anni. 

Attualmente sono il responsabile dei fisioterapisti.

Insieme ai miei colleghi mi occupo fondamentalmente di tre aspetti: il primo è la prevenzione, per cercare di evitare che gli atleti si infortunino e per la gestione delle problematiche croniche. Il secondo è quello che io chiamo “pronto soccorso”, cioè gli interventi terapeutici quando sopraggiungono problematiche acute. Il terzo è il recovery, che comprende tutta quella serie di interventi finalizzati ad alleggerire gli atleti dal carico di lavoro, permettendogli cosi di essere sempre performanti. Durante il recovery possiamo inserire massoterapia decontratturante, terapia compressiva, vasche di ghiaccio e crioterapia sistemica.

Chiaramente sono sempre attaccato alla squadra, sia durante gli allenamenti, sia durante gare e trasferte.

L’hockey e lo sbocco nello sport 

È vero che ho praticato molti sport, ma mai a livello professionistico. Il professionismo nello sport l’ho vissuto solamente come fisioterapista.

L’hockey è stato la mia porta di ingresso in questo mondo e me ne sono subito innamorato. Il volley invece mi ha aiutato a crescere professionalmente e a riempire il mio bagaglio di esperienza. Inoltre grazie al volley ho avuto la possibilità di lavorare con team anche al di fuori dell’Italia, come in Bulgaria e in Azerbaijan. Lavorare all’estero ti toglie i paraocchi e ti fa capire che ci sono anche altri modi di fare le cose bene. Non sono mai stato un tifoso di basket, e nemmeno la mia esperienza all’Olimpia ha cambiato questa cosa, nonostante sia uno sport entusiasmante. Non voglio essere frainteso, è chiaro che io tifo per la mia squadra fino al midollo, ma più che altro perché mi emoziona vedere i risultati sul campo del nostro lavoro quotidiano in palestra. Sono stato fortunato nel mio lavoro, ho sempre lavorato per squadre con grandi obiettivi, ma a Milano è tutta un’altra storia, il professionismo e l’organizzazione che ci sono alle spalle della squadra sono cose che non si vedono tutti i giorni.

Ma torniamo al ciclismo, cosa la incuriosisce della disciplina 

Incuriosire non credo sia la parola corretta, il ciclismo mi è entrato nelle ossa, a più livelli. Il primo è da tifoso: seguire tutti i passaggi di una gara, dalle fughe ai treni delle squadre per riprendere i fuggitivi, alla fatica e ai sacrifici dei gregari per portare i capitani freschi all’arrivo... come può non emozionare questa cosa? Il secondo livello è da praticante: questo è uno sport duro, ma la soddisfazione di arrivare in cima non ha eguali. Non è la metafora della vita stessa?

Pensa che in futuro potrà apportare il suo supporto appunto anche nel ciclismo ?

In studio già mi occupo di bike-fitting per la prevenzione delle sindromi da sovraccarico funzionale causate dalla posizione in sella e seguo il recovery di molti amatori e di un atleta professionista, Alessandro Fancellu (Eolo-Kometa). In una squadra? Chi lo sa, la vita è piena di sorprese e di opportunità. Non chiudo mai una porta a prescindere e le nuove sfide mi appassionano sempre.

I dettagli fanno la differenza, ma per lei nel ciclismo cosa fa la differenza ?

Come dicevo prima, il sacrificio e la fatica la fanno da padrone, ma nel ciclismo moderno dove il livello è altissimo non possono bastare. Grazie al power meter i piani di allenamento sono ormai davvero cuciti addosso agli atleti, che possono quindi esprimere il loro massimo potenziale. Potenziare le attività che possono sembrare secondarie, come la gestione del recupero e dei carichi di lavoro e l’allungamento delle catene muscolari, può fare la differenza dopo 150 km di gara tra la possibilità di esprimere tutti i watt a disposizione o essere limitati dalla fatica di rimanere in sella per lungo tempo.  

Sorriso, una cosa che in bici ha spesso ma per lei cosa significa pedalare 

Pedalare mi rende felice e non lo nascondo. Tutte le uscite sono una sfida a fare meglio, non sempre ci riesco e per me non è sempre facile da accettare, durante la stagione sportiva, viaggiando molto con la squadra non riesco sempre ad allenarmi come vorrei e questo un pò mi dispiace, ma come si dice, è la vita. Per me la bici è sacrificio, fatica e soddisfazione.

Ma oltre il ciclismo e le terapie, un grande passione verso la fotografia, cosa le porta ispirazione 

Esprimermi attraverso la creazione di qualcosa è sempre stata quasi una necessità per sentirmi bene. La fotografia me lo permette, cogliere un momento speciale o una espressione di un viso che trasuda emozione è una cosa che non ha prezzo, è una cosa che rimane per tutta la vita. Mia moglie e i miei figli sono l’ispirazione più grande nella mia vita, e non solo in fotografia.

Famiglia, una parola fondamentale nella sua vita, ma gli inizi le trasferte e il poco tempo quanto hanno inciso 

La mia famiglia per me è tutto. È vero che lavoro molto e sono spesso in viaggio, ma alla fine credo che la cosa importante sia la qualità del tempo trascorriamo insieme. Accade spesso che la squadra si alleni o giochi anche a Natale o durante altre festività, il mio calendario non è come quello della maggior parte delle persone, ma questo non è un ostacolo allo stare insieme. Poi mia moglie Michaela capisce bene come funziona lo sport, è stata un’atleta professionista fino a pochi anni fa e sa come funzionano le cose.

A proposito, il ciclismo e le uscite si possono definire un modo per divertirsi e staccare ?

Assolutamente! Pedalare mi permette sempre ti tornare a casa con meno stress e con il sorriso sulla faccia. È anche un modo per vedere gli amici che condividono la mia stessa passione.                    

Per finire, la corsa che sogna di vedere o comunque di essere presente 

Bella domanda, a cui faccio fatica a rispondere! Adoro le grandi salite del Giro perché spesso le ho percorse io stesso, ma le classiche sono quelle che mi emozionano maggiormente. In Italia mi piacerebbe assistere alle Strade Bianche, ma in cima alla mia lista ci sono le Fiandre con i suoi muri, faticosi anche solo da percorrere a piedi, ma dove i pro letteralmente volano!

Intervista di Leonardo Serra