Matteo Piovani, general manager e ‘centro’ della squadra di pallacanestro Mi Games, si racconta a Milanosportiva e tra le altre cose, svela le tante difficoltà incontrate - dalla neonata società - nel trovare un campo dove allenarsi per preparare le partite o, allo stato attuale delle cose, per lavorare al meglio in vista della prossima stagione. “Ci alleneremo al parco fino a quando il tempo ce lo permetterà. Gli spazi palestra sono un problema enorme che il Comune di Milano non affronta da anni”, afferma Piovani.

Come ha fatto a convincerla il presidente a sposare il progetto?

“Dire di no ad Ardizzone è quasi impossibile (ride, ndr). Scherzi a parte, credo che abbia fatto leva sul fatto che a me le sfide difficili e particolari piacciono molto. Ho sempre bisogno di adrenalina e stimoli nuovi, e quindi ho ritenuto che questo progetto, tanto azzardato quanto fantastico, facesse al caso mio”.

So che non avete una palestra vostra. Quanto è stato difficile trovare una struttura dove allenarsi?

“Questo è stato lo step più complicato, molto più che creare uno staff tecnico o comporre il roster della squadra. Abbiamo passato la scorsa estate a fare chiamate su chiamate: alla fine qualche società amica ci ha dato una mano e permesso di utilizzare i propri spazi a palestra. Il problema è che si trovavano per la maggior parte fuori Milano”.

In vista della prossima stagione dove andrete per la preparazione?

“Al parco, finché il tempo regge”.

E' difficile trovare strutture a Milano?

“Gli spazi palestra sono un problema enorme che il Comune di Milano non affronta da anni. Tante strutture sono chiuse, altre non vengono riqualificate a dovere e le ore a disposizione in quelle rimanenti sono spartite tra tantissime società, che le pagano a peso d’oro. A causa dell'endemica mancanza di strutture sportive adeguate, si è spesso costretti ad "emigrare" in centri vicini più attrezzati”.

Aveva mai svolto il ruolo di General Manager in altre società sportive?

“No, ed è stato uno dei motivi principali che mi hanno portato ad accettare questa sfida. Mi sono sempre chiesto come fosse possibile che molte società spendessero dei budget spropositati senza alcun tipo di progettualità. Sapevo di avere delle buone capacità al di fuori dal campo, e questi due anni mi hanno aiutato a capire tante dinamiche che neanche ti sfiorano nella testa quando sei un giocatore. Le nuove esperienze, le intuizioni avute, i confronti con le persone più esperte, ma anche gli inevitabili errori mi hanno fatto crescere come General Manager e raggiungere un traguardo che ha avuto dell’incredibile”.

Passare dal campo alla scrivania cosa cambia?

“Tante cose. La pressione e le responsabilità aumentano, perché devi pensare alle dinamiche che ruotano a tutto quello che è il basket giocato. Da questo ho imparato una lezione importante: l’unione fa davvero la forza e le persone che lavorano con te possono veramente darti una mano a risolvere tutte le avversità che incontri durante la stagione”.