È di qualche giorno fa la notizia che l’hockey ghiaccio meneghino sembra essere in profonda crisi, con i Milano Bears, storica squadra milanese, a un drammatico bivio a causa di problemi economici. Si riapre il dibattito sul mondo del ghiaccio e in particolare quello milanese: è davvero a rischio sopravvivenza? Non bisogna però fare di tutta l’erba un fascio, per una società in difficoltà ce n’è un’altra che, a livello giovanile, è ormai da più di 10 anni una realtà consolidata nel mondo dell’hockey ghiaccio a Milano e soprattutto nell’hinterland: si tratta dei Diavoli Sesto

Hockey su ghiaccio, l'esempio dei Diavoli Sesto

Non è facile gestire una società sportiva, soprattutto in questi tempi; lo sa bene il presidente dei Diavoli Sesto, Antonio Romeo che, intervistato per l’occasione, ha cercato di raccontare e spiegare il mondo hockey ghiaccio giovanile e le quotidiane difficoltà.

Che obiettivo vi siete dati?

È di questi giorni la notizia che abbiamo raggiunto i 100 tesserati, di cui ben 23 atleti al primo tesseramento. Si tratta di ragazzi che militano nelle varie categorie, dall’under 9 fino all’under 17 e al campionato Libertas. Siamo orgogliosi di questo traguardo. L’obiettivo che ci siamo dati a inizio anno era quello di capire che numeri avremmo raggiunto e da qui ripartire. Il buon lavoro svolto negli anni scorsi ci ha premiato. Puntiamo ad allargare ancora di più la base ed essere sempre più presenti sul territorio.

L’hockey è da sempre definito sport minore: come avete fatto a farvi conoscere sul territorio?

Siamo una realtà consolidata a livello giovanile da anni, questo è frutto del grande lavoro fatto in epoca pre Covid con le scuole: abbiamo inserito l’hockey tra le discipline praticate a scuola dai ragazzi. Questo ci ha permesso di farci conoscere sul territorio. Gli strascichi lasciati dalla pandemia sono ancora evidenti: avevamo un nutrito gruppo di sponsor che sono venuti meno, abbiamo anche dovuto interrompere i corsi svolti nelle scuole che servivano per finanziare la nostra associazione. Non ci siamo però persi d’animo. Siamo ripartiti, con le scuole e con iniziative rivolte a tutti i ragazzi, come i camp (il prossimo è quello in programma a Carnevale, ndr).

Quali sono i principali problemi che riscontrate?

Le difficoltà sono legate al budget e al far quadrare i conti. A Milano e hinterland ci sono prezzi folli legati anche solo all’affitto degli spazi rispetto al resto d’Italia. La politica non ci aiuta: la posizione adottata è quella di non dare aiuti specifici e rispettiamo questa scelta, è però un atteggiamento miope che rischia di affossare un movimento, quello dell’hockey ghiaccio, che non trova modo di esprimersi come vorrebbe. Un altro problema è legato alla penuria di ore ghiaccio: le strutture sono poche e c’è grande richiesta. 

L’avvento di Milano-Cortina 2026 potrebbe dare una svolta a tutto il movimento hockey ghiaccio meneghino?

Abbiamo la speranza che la nostra federazione (FISG, ndr) abbia la forza di investire e aiutare le Società per trovare nuove strutture. Sarebbe anche utile costruire nuove piste, anche solo per gli allenamenti, così da soddisfare l’ingente richiesta di ore ghiaccio.

Cristina Lupi