Diventare, con umiltà e tanto lavoro, l’artefice di una vera e propria rinascita, una cavalcata vincente che ha permesso al Milan di tornare protagonista, dopo anni di anonimato vissuti più fuori dal campo che dentro. Domani Stefano Pioli da Parma, il deus ex machina del novello giovane Diavolo che tanto piace per la sua intraprendenza e la sua sana sfacciataggine agonistica, festeggia i due anni tondi dal suo arrivo sulla panchina rossonera. Due anni che hanno rivoluzionato in toto il mondo Milan.

I primi due anni di Stefano Pioli al Milan, tutto è cambiato

Il 9 ottobre 2019 Stefano Pioli veniva nominato nuovo tecnico del Milan al posto di Marco Giampaolo, esonerato dopo il successo dei rossoneri a Genova contro il Genoa (2-1). Una vittoria per nulla convincente, che mise subito fine all’esperienza del tecnico abruzzese e spalancò le porte di Milanello a Pioli, la cui nomina non scaldò subito i cuori dei tifosi rossoneri. E come dare torto, visto che l’ex Parma si presentava a San Siro dopo aver salutato una Fiorentina poco programmatrice qualche mese prima e avere, nel suo curriculum, esperienze con Bologna, Chievo, Salernitana, Modena, Parma, Grosseto, Piacenza, Sassuolo, Chievo, Palermo, Bologna e, negli ultimi anni, Lazio e Inter; due tappe, queste ultime, concluse con due esoneri ma portatrici di buoni risultati, con i biancocelesti guidati fino al preliminare di Champions League e i nerazzurri capaci di inanellare, sotto la sua guida, nove vittorie consecutive.

Prima scelta Spalletti, l'eredità di Giampaolo

Poi il Milan. Un inizio per nulla facile, dove Pioli ha dovuto gestire una squadra per nulla compatta, eredità della gestione assai complessa di un Giampaolo dimostratosi troppo integralista. Pioli, invece, decide per la mano morbida e la comprensione, due armi che lo porteranno a compattare il gruppo. Lui che sapeva di non essere la prima scelta (in principio si cercò di ingaggiare Spalletti) e di dover convivere, all’inizio, tra mugugni per una classifica pessima e risultati in avvio poco incoraggianti.

Il debutto contro il Lecce, il regalo Ibrahimovic

Il debutto del 20 ottobre, in casa contro il Lecce, non è positivo (2-2), un pareggio foriero di risultati mediocri per tutto il 2019. Poi la svolta, con quello 0-5 patito a Bergamo contro l’Atalanta il 22 dicembre 2019. La società decide di dare a Pioli le chiavi del regno rossonero e di regalargli tre giocatori: Ibrahimovic, Kjaer e Saelemaekers. Arrivati tra mille dubbi, rivelatisi fondamentali per gettare le basi del nuovo Milan. Tanto che, dopo mesi ad aver convissuto con l’ombra di Ralf Rangnick sulla sua testa come novella Spada di Damocle, la società decide di rinnovargli la fiducia e di fargli firmare, il 21 luglio 2020, il prolungamento del suo contratto fino al 30 giugno 2022.

Il 2020 da record del Milan di Stefano Pioli

La pausa Covid gli ha garantito il tempo necessario per lavorare con calma, senza eccessive pressioni, un regalo non banale per chi allena una squadra come il Milan. I risultati sono stati evidenti: il campionato riprende ed il Diavolo porta a casa 30 dei 36 punti disponibili, battendo tra le altre Roma, Lazio e Juventus. Il suo contratto con il Diavolo, ad oggi, viaggia però verso la scadenza a fine stagione: «Ma io spero di essere l’allenatore del Milan quando ci sarà lo stadio nuovo a Milano» ha ammesso Pioli durante il Festival dello Sport di Trento.

La clausola nel contratto con il Milan

Le basi per proseguire ci sono tutte: un rapporto saldissimo con la dirigenza, risultati sotto gli occhi di tutti e gestione perfetta della squadra durante lo stop forzato per la pandemia. Inoltre il club ha una clausola unilaterale presente sul contratto che le permette rinnovare fino al 30 giugno 2023, clausola esercitabile nel corso di quest'attuale stagione. È possibile, però, che nelle prossime settimane Paolo Maldini e Frederic Massara portino avanti dei dialoghi con l’entourage di Pioli per discutere di un adeguamento di stipendio, visto che il tecnico sul campo si è guadagnato stima, rispetto ma anche uno stipendio ovviamente maggiore, figlio dei risultati ottenuti sul campo.

Una partenza mai così buona da 18 anni a questa parte

Risultati in senso lato: perché se è vero che sotto la sua gestione il Milan ha ottenuto un sesto ed un secondo posto in campionato, riguadagnandosi la gloria di poter tornare in Champions League a distanza di sette anni dall’ultima volta, è altrettanto vero che sotto la sua guida quest’anno sono arrivate finora sei vittorie in sette partite di campionato, conquistando 19 punti sui 21 disponibili (il Milan non partiva così bene in campionato da 18 anni), ma anche una crescita mentale esponenziale di praticamente tutti i giocatori in rosa.

La crescita di Tonali, Leao, Rebic, Diaz e tutti gli altri

La rivoluzione di Pioli è evidente nella dedizione di Leao, che da talento indolente e discontinuo si è trasformato in fonte inesauribile di dribbling ed assist e ripiegamenti in fase difensiva. Ma anche nella crescita di Tonali, vera scommessa al suo primo anno e ora leader del centrocampo. E poi Rebic, quest’anno concentrato come non mai, Calabria, Diaz e molti altri. Una rivoluzione partita, come detto, dal quello 0-5 di Bergamo del 22 dicembre 2019, trasformatosi nel 2-3 per i rossoneri del 3 ottobre 2021. Due anni di lavoro sotto la guida saggia di Stefano Pioli, che ha trasformato una squadra i cui interpreti sono tuttavia rimasti pressoché gli stessi. Pronti ormai per il salto di qualità: vincere lo Scudetto.